La danzaterapia in un videoclip

Ho ascoltato per la prima volta il brano “Ti muovi” presentato a Sanremo dal cantautore Diodato guardandone per caso il videoclip. Il cantante arriva in una stanza che ha tutta l’aria di essere una sala d’aspetto, nella quale sono presenti altre persone che compiono azioni ordinarie: una paziente esce dal presumibile studio medico e un altro entra; una donna si alza dalla sedia per andare a bere un bicchiere d’acqua; due ragazzi fanno il loro ingresso, il primo si toglie la giacca e insieme vanno a sedersi, lasciando intendere dai loro gesti una relazione intima; subito dopo, al contrario, il cantante e la donna seduta accanto a lui si sfiorano per sbaglio e reagiscono in modo goffo, sottolineando il proprio imbarazzo. La cura del dettaglio nella gestualità dei diversi personaggi si percepisce sin dal principio ma è all’arrivo del ritornello che l’azione esce dall’ordinario per assumere una forma extra-ordinaria, attraverso sequenze di movimenti ripetitivi che in breve tempo coinvolgono anche il protagonista in una coreografia, una danza in cui lo spazio relazionale si spoglia della prossemica della quotidianità, per dare il via a passi a due e a momenti corali di contatto e di prese. L’atmosfera gravosa dell’inizio si alleggerisce, tanto che il paziente che esce dallo studio medico in quel momento, attraverso un tocco viene come contagiato in un movimento danzato che lo priva di peso fino a farlo sollevare da terra come un palloncino. È a questo punto che le pareti della stanza si aprono, rivelando uno spazio più grande, un teatro di posa sgombro di scenografia, e la presenza di altre persone, tra cui dei musicisti. Sono in tanti ora a muovere la propria danza, vicini tra loro come in una discoteca, mentre il cantautore sembra dirigere i movimenti come un direttore d’orchestra. Pare una festa in cui ognuno si esprime liberamente ma attraverso una coreografia di gesti e movimenti comuni. Sia musicalmente che visivamente arriva un senso di libertà, quello che si prova quando il corpo, mosso dalle emozioni della musica, si lascia andare alla danza, che sia in un locale notturno o nella solitudine della propria stanza.

(Guarda il video)

Il testo di questo brano parla di movimenti interiori e il video, nel quale lo stesso cantante si è affidato alla propria possibilità di danzare attraverso la coreografia di Irma Di Paola, rivela quella di esteriorizzarli, di muoverli all’esterno. Emovere (= muovere da) è il verbo latino da cui deriva la parola emozione e il corpo attraverso il movimento è la nostra risorsa per esprimere ciò che si muove dentro di noi e aprire così una possibilità di cambiamento, di trasformazione. Quello che non tutti sanno, a causa di una cultura che lega la danza a quella accademica con i pregiudizi che ne conseguono, è che non bisogna essere ballerini per farlo, perché la danza è qualcosa di innato nell’essere umano.

Questo video, oltre al merito di utilizzare la danza in modo differente da ciò che siamo abituati a vedere nei video musicali, mi colpisce particolarmente perché racconta esattamente ciò che ho modo di osservare all’interno dei gruppi di danzaterapia:

le persone arrivano al primo incontro per motivi diversi, per lo più sconosciute le une alle altre, ciascuna con le proprie aspettative ma anche le proprie resistenze. Il più delle volte sono sufficienti pochi e semplici stimoli (la musica e/o l’uso di materiali che invitano a scoprire che ognuno di noi si muove) e in breve tempo le azioni ordinarie lasciano spazio a movimenti personali, alla possibilità di incontrare gli altri nella danza e di sentirsi parte di un gruppo.

Il setting protetto invita a una dimensione extra-ordinaria nella quale poter trasformare il peso dei pensieri, delle preoccupazioni, dei problemi, della sofferenza, nel senso letterale di dare ad esso una forma diversa attraverso il corpo in movimento, senza dover fornire o cercare spiegazioni e interpretazioni.

Solitamente gli incontri terminano con un cerchio verbale nel quale è possibile ma non obbligatorio condividere le parole che nascono dal movimento. In questa fase gli utenti spesso parlano di leggerezza e libertà ed esprimono il loro stupore riguardo alla facilità con la quale è possibile entrare in contatto con gli altri o sentirsi coinvolti all’interno del gruppo attraverso un senso di appartenenza.

La danzaterapia non richiede alcuna capacità specifica, non si basa su alcuna tecnica di danza ma è una pratica di benessere naturale e innata che permette a tutti, indifferentemente dal sesso, l’età o eventuali limiti, di vivere e esprimere sé stessi in modo autentico.


Se vuoi provare un’esperienza di danzaterapia di gruppo puoi partecipare a uno dei prossimi incontri in programma presso il Centro Yoga Mandir a Milano.

Potrebbe piacerti...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *