Tra le varie iniziative di movimento proposte quest'autunno, ho inserito degli appuntamenti mensili domenicali all'aperto, con l'obiettivo di ritrovare il ritmo naturale delle stagioni.
Decido di iniziare dal Parco Solari, la zona verde del "mio" quartiere. Avendo la straordinaria fortuna di svolgere un lavoro che per me è anche una necessità, che aumenta consapevolmente con l'età, decido di andare all'appuntamento, anche se non ho ricevuto adesioni.
Il cielo azzurro settembrino di ieri, oggi è grigiastro, il sole è nascosto e l'aria è più frizzante. Esco di casa vestita "a cipolla", mettendo nello zaino soltanto un plaid, uno scialle di lana e le chiavi di casa.
Abituata a portare zaini pesanti e borse che riempiono mani e spalle, oggi mi sembra di avere sulla schiena un cuscino e questo mi dà un senso di piacevolezza. Anche l'assenza del cellulare si fa sentire, in senso liberatorio.
Percorro la strada da casa al parco osservando poco ciò che mi circonda, concentrata su di me.
Mi sento leggera ma allo stesso tempo centrata, in equilibrio sui miei passi. Ho deciso di dedicarmi questo tempo, provando a non preoccuparmi del giudizio esterno.
Consideriamo strano ciò che non conosciamo.
Nessuno si stupisce di vedere ciclisti in tutine attillate multicolor con buffi caschetti sulla testa, o corridori con cuffie alle orecchie di diverse dimensioni con fili collegati a fasce sul braccio, ma si rimane colpiti nel vedere qualcuno alla ricerca di movimenti naturali, all'aperto.
La natura, se impariamo a coglierli, offre incredibili stimoli di movimento (Leggi in proposito, La Natura come stimolo al movimento) .
Per scrupolo, mi reco al luogo dell'appuntamento: il prato accanto alla zona gioco dei bambini, nel quale è posizionato anche un tavolo di legno da pic nic. E' l'ora dei cani e dei loro padroni (mi si perdoni il termine ormai inadeguato nella relazione uomo-animale). Un comitato di quartiere sta ripulendo il parco: una bella iniziativa, data la notevole presenza di materiali abbandonati con trascuratezza, che con la natura non hanno niente a che fare.
La scelta del luogo, oltre che facilmente individuabile, è posizionata ad ovest, la direzione che nella Medicina Tradizionale Cinese è legata alla stagione autunnale. Scelgo un punto in cui l'erba è meno spelacchiata, stendo il mio plaid, tolgo le scarpe e mi siedo in seiza, la posizione seduta tradizionale giapponese.
La pelle segna i nostri confini, respira e si muove.
E' nelle posizioni che crediamo statiche che riusciamo ad ascoltare l'incessante movimento del nostro corpo, che si muove in armonia, a cominciare dal respiro e dal battito cardiaco.
Il vento mi invita a muovere il collo, le spalle, la schiena.
Combatto un po', tra il bisogno di allungarmi là dove sento maggiori tensioni e il disagio di lasciarmi andare in un luogo pubblico. E mi accorgo che è questo il motivo per cui cercavo compagnia.
Per sentirmi protetta e in un certo senso "autorizzata" a esprimermi secondo la necessità.
Vince il disagio, nel momento in cui il tavolo poco distante è vivacizzato dai preparativi di una festa. Una voce infantile ripete continuamente che il posto le piace, le piace tanto, con una sincerità che riporta il termine, sminuito dalla superficialità dei social, al suo significato originario.
Di fronte a tanto entusiasmo, con il mio morbido fardello sulle spalle, inizio a vagare nel parco. Cammino lentamente, in contrasto con il ritmo di chi si sta allenando, passo da un albero all'altro per toccarne la corteccia, fragile e rugosa, che tanto mi ricorda le mani dei miei utenti più anziani.
Tra questi alberi risiede la mia infanzia, quando i vialetti non erano ancora delimitati dal cemento e le mamme ci raccomandavano di fare attenzione alle siringhe per terra. Questo parco è legato al ricordo di amicizie, arrampicate sugli alberi, giri in bicicletta, mercatini, sbucciature, litigate, pianti e risate.
Mi chino a raccogliere alcune castagne matte, che a ogni autunno mia mamma metteva sul comodino e dentro la borsa per proteggersi dai malanni invernali.
Mi fermo ad osservare gli alberi dalle forme più strane e vorrei avere l'agilità di quand'ero bambina per potermici arrampicare ancora una volta.
Sono pervasa da un senso di malinconia che mi stringe la gola e trova il suo spazio sotto un salice. Nascosta tra le sue fronde sento una lacrima rigarmi la guancia. Il tronco è violato da schizzi di vernice spray. A pochi metri, seminascosto dal letto di foglie cadute, giace il corpo di un piccione privo di vita, destinato a tornare lentamente alla terra, come nutrimento.
Eccolo qui, l'autunno, il ritmo lento delle foglie, ormai superflue, che cadono leggere. Quel senso di malinconia, che il mio amato Calvino definisce come "tristezza senza peso".
E' tempo di scegliere ciò che è da tenere e ciò che è necessario lasciare andare, lasciare andare ciò che non possiamo più essere, conservando ciò che ci è caro nei ricordi.
E' tempo di prepararci a ripiegare verso l'interno, dalla manifestazione più esterna dello yang estivo verso ciò che è più nascosto, lo yin invernale.
Anche questa per me è stata un'esperienza di danzaterapia.
Se possiamo riconnetterci al nostro corpo-cuore attraverso la musica e i materiali, possiamo farlo ancora meglio attraverso natura, che più di ogni altra cosa offre spunti, forme, colori ed emozioni.
Ora so che questo era un viaggio che dovevo fare da sola.
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