
Sotto la pioggia battente ci sono otto persone curiose, che non sanno bene cosa aspettarsi. Con fiducia hanno accettato la proposta di dedicare la giornata a un'esperienza artistica che non si limita a percepire con tutti i sensi ma inviterà a mettersi in gioco attraverso l'espressione corporea.
Non sapere cosa succederà mi emoziona, come un bambino smanioso di conoscere cosa contenga il pacchetto che sta per scartare.
Nada ci accoglie sorridente nel suo laboratorio. E' la zona di lavoro, con tavoli di legno e gli attrezzi del mestiere. E' la zona creativa ma anche quella della fatica fisica di un mestiere il cui risultato spesso fa dimenticare agli occhi di chi lo guarda il sudore che c'è dietro.
Prima di oltrepassare la porta a vetri che separa il laboratorio dalla parte espositiva, consegno ai partecipanti un piccolo taccuino, dove annotare tutto ciò che, per usare una bella espressione di mio marito, non attraversa, ma in qualche modo o per qualche ragione, che non è importante specificare in questo contesto, si ferma dentro di noi.

Nada parla di pensieri creativi ma anche delle difficoltà tecniche per realizzarli. Si ferma, cerca le parole più adatte per esprimere l'astratto, poi si sofferma a raccontare di quando trasportava il legno tagliato dagli alberi sul carretto, dal Parco Sempione a Brera, o di ciò che avviene in una fonderia. Affascinante la diversa relazione tra l'artista e la materia. Quella che si lascia trasformare e quella a cui bisogna togliere. Mi colpisce la frase "il legno sta". E nel suo stare c'è la trasformazione continua di una materia viva che il tempo lentamente continua a modificare. Alcuni materiali necessitano di scelte decise che negano la possibilità di cambiare idea o di fare errori.
L'esperienza continua attraverso il tatto. Non capita tutti i giorni di poter toccare delle opere d'arte, seguendo con il palmo della mano le sue linee, godendo delle differenti sensazioni che offrono superfici diverse.
L'esperienza continua attraverso il tatto. Non capita tutti i giorni di poter toccare delle opere d'arte, seguendo con il palmo della mano le sue linee, godendo delle differenti sensazioni che offrono superfici diverse.
Centrale e costante rimane il tema della dualità attraverso una serie di opposti: il pieno e il vuoto, la staticità e il dinamismo, il maschile e il femminile, il peso e la leggerezza. Questi i temi che emergono quando il gruppo, nel pomeriggio, si sposta nella sala danza di Via Leopardi, dove il laboratorio ha inizio con una tavola rotonda.

Giunti agli opposti "pieno/vuoto" li invito a sperimentare in coppia, a riempire gli uni i vuoti dell'altro e viceversa. Mi fermo ad osservare perché ora la mia presenza corporea non è più necessaria e nemmeno lo specchio. Li vedo giocare e li sento ridere. La libertà di muoverci ci fa tornare bambini. Le sequenze che ogni coppia crea sono bellissime, mi divertono e mi emozionano. Il finale è corale, lavorano sulle "pelli" di ceramica che l'artista ha scoperto ricoprendo forme di gesso con l'argilla. Refrattaria al gesso, ha rivelato a Nada un procedimento nuovo. Provando a tagliare la "pelle" da un lato, essa si apre, creando casualmente forme bellissime, che, smaltate, danno vita ad affascinanti e originali opere di ceramica. Nella casualità della forma c'è il tema del "lasciar andare". Anche il gruppo si lascia andare a movimenti sempre più spontanei e autentici.
Terminata la coreografia, arriva la musica. Sperimentando brani differenti, ci accorgiamo che nonostante molti siano appropriati, la musica non è necessaria, perché i nostri movimenti hanno una struttura indipendente. Tuttavia la scelta cade su un brano di Vivaldi tratto da "La Stravaganza". Riprendo la coreografia in video per mostrarla ai presenti. Sui volti i sorrisi compiaciuti di chi osserva ciò che ha creato. Qualcuno è persino commosso. Personalmente ritengo che con-creare sia un'esperienza fondamentale, oggi più che mai.
Il lavoro è terminato. Due ore di laboratorio coreografico per due minuti di coreografia. Una durata brevissima che racchiude in sé un percorso ricco di contenuti, di fatica, di creatività, esperienze, scoperte ed emozioni. Un'opera d'arte in movimento, che come ogni opera d'arte è scrigno di segreti nascosti all'occhio di chi osserva.
Terminata la coreografia, arriva la musica. Sperimentando brani differenti, ci accorgiamo che nonostante molti siano appropriati, la musica non è necessaria, perché i nostri movimenti hanno una struttura indipendente. Tuttavia la scelta cade su un brano di Vivaldi tratto da "La Stravaganza". Riprendo la coreografia in video per mostrarla ai presenti. Sui volti i sorrisi compiaciuti di chi osserva ciò che ha creato. Qualcuno è persino commosso. Personalmente ritengo che con-creare sia un'esperienza fondamentale, oggi più che mai.
Il lavoro è terminato. Due ore di laboratorio coreografico per due minuti di coreografia. Una durata brevissima che racchiude in sé un percorso ricco di contenuti, di fatica, di creatività, esperienze, scoperte ed emozioni. Un'opera d'arte in movimento, che come ogni opera d'arte è scrigno di segreti nascosti all'occhio di chi osserva.
Complimenti Serena per le tue proposte artistiche cosi semplici e libere
RispondiEliminaGrazie di cuore. Da sempre la danza mi rende libera e il condividere ciò con il maggior numero di persone possibile mi rende felice. La danza è di tutti! :)
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