21 lug 2016

TRA I 40 E I 50 ANNI E... SENTIRLI!

Osservando il rapporto che le persone tra i 40 e i 50 anni hanno con il proprio corpo (e ne parlo da coetanea), ho notato che troppo spesso ci si affida all'attività fisica con il desiderio di fermare il tempo. 

Le palestre catturano i clienti con slogan che hanno a che fare con il "mantenersi in forma", ma raramente si investe sul tema del "cambiamento della forma" legato all'avanzare del tempo. 

Personalmente agli "...anta e non sentirli", preferisco di gran lunga 

invitare le persone a sentire, attraverso la consapevolezza corporea, i propri limiti e le proprie possibilità, in relazione al cambiamento della "forma".

Da circa un anno sto lavorando ad una sequenza di movimenti, simile ad un warm up di una lezione di danza, che raccoglie pratiche ed esperienze che la mia memoria corporea esegue ancora con piacere (che non vuol dire con facilità), con l'obiettivo di creare una sorta di continuità con il passato e uno strumento per accompagnare il cambiamento corporeo futuro. Tale pratica è personale ma mi piacerebbe condividerne alcune osservazioni.

Quando si studia danza, da giovani, la ripetitività di una sequenza di riscaldamento è vissuta come una preparazione, un necessario allenamento, talvolta un sacrificio, per arrivare ad altro. Specialmente in giovane età, il riscaldamento corporeo è più legato al dovere che al piacere e spesso l'emozione che suscita è la noia.

Quando invece l'obiettivo dell'allenamento diventa fine a sé stesso, in quanto lo si pratica per il proprio benessere, il piacere occupa un ruolo fondamentale. Esso ci invita all'ascolto attento e a vivere pienamente nel presente. 

Ripetere una sequenza in quest'ottica non crea aspettative ma accoglie il proprio "qui e ora" dettato dall'umore, dallo stato fisico, dall'orario della giornata, persino dalla stagione. Di conseguenza, una stessa sequenza si può eseguire in modi differenti, con più o meno energia, con più o meno equilibrio, insegna ad accogliere segnali interni come fastidi o dolori. Osservare le variabili aiuta a sentirsi parte di qualcosa di dinamico, ad accettare i propri limiti, diventando creativi di fronte ad essi.

Allo stesso tempo, una sequenza è un contenitore stabile che offre sicurezza e protezione, una sorta di "casa di movimento" che viaggia nel tempo. La ripetitività, che si può intendere anche come ritualità, in rapporto allo scorrere della vita, diventa un mezzo per conoscere meglio sé stessi. 

Ho parlato di warm up perché la mia esperienza corporea nasce nella danza ma una medesima valenza possono avere i kata nelle arti marziali e gli asana nella pratica dello yoga.

Continuo ad amare tutti i metodi di movimento diffusi grazie al piacere, provato inizialmente a scopo personale, del signor Pilates, del signor Feldenkrais e di tanti altri, pur senza preferirne alcuno, in quanto sono convinta che ognuno di noi sia l'unico artefice del proprio piacere di muoversi. 

Nella pratica individuale, intendo offrire alle persone la mia esperienza affinché ciascuno possa costruire la sua sequenza di movimento, che tenga conto delle pratiche corporee del passato, o dei gusti musicali, nel caso di un lavoro in relazione con la musica. Si tratta di un lavoro delicato che sto iniziando a proporre a chi ho già avuto modo di osservare attraverso il movimento e che sto imparando a conoscere. 

Pilates diceva che non è importante cosa si fa per muoversi ma come. 

Io credo che il "cosa", in questo caso una sequenza, sia la scelta dell'abito da indossare, che ovviamente deve piacere, e il "come" sia la capacità di portarlo, valorizzarlo, anche cambiando gli accessori. Insomma in quel "come" c'è l'area personale di ognuno di noi, perciò non può trattarsi soltanto di un lavoro sulla "forma" del corpo. 

Muoversi con piacere significa dedicarsi del tempo, scoprendo ogni volta qualcosa di nuovo, qualcosa su di sé in relazione al resto del mondo, allo scorrere del tempo, significa accettarsi e riconoscere che tutto è in movimento e non si può fermare.

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