
'leggerezza' come un termine chiave della contemporaneità.
Nel mio percorso formativo-professionale c'è stato un momento in cui consideravo la mia attività come divisa in due settori separati: la danza terapeutica, che richiedeva agli utenti un percorso di consapevolezza, che consideravo il lato più "serio" del lavoro; e le lezioni di danza aperte a tutti, più ludiche e frivole.Oggi non credo ci sia una grande distinzione, in parte perché credo di aver raggiunto un'identità professionale, in parte perché la richiesta dall'esterno è quella di muoversi in superficie (che non è sinonimo di superficiale, così come è comunemente inteso). Attualmente esiste, a mio parere, un bisogno di togliere peso che non ha nulla a che vedere con la frivolezza, per riprendere il già citato saggio di Calvino.
Le lezioni di danza che conduco oggi non mirano a mantenersi in forma, a trasmettere una tecnica o ad insegnare una coreografia. Le finalità sono altre: sentirsi più leggeri, scaricare lo stress della vita quotidiana, ricaricarsi grazie all'energia che nasce all'interno del gruppo, incontrare un sorriso, condividere la musica.
Mille sono i motivi per cui danzare, all'interno di un gruppo accogliente, in uno spazio protetto, crea benessere nelle persone. In queste lezioni l'obiettivo è quello di creare uno spazio di ben-essere nel qui e ora attraverso il movimento, dove passi e sequenze diventano stimoli per muoversi, senza nessuna pretesa che le persone imparino qualcosa ma piuttosto che si sentano parte di un gruppo, con il proprio mettersi in gioco e soprattutto con ironia, che sempre per citare Calvino è "il comico che ha perso la pesantezza corporea".
Il mio essere danzamovimentoterapeuta significa accogliere i bisogni degli utenti sempre e comunque e, in un momento in cui proporre veri e propri percorsi di Danza Terapeutica è difficile, offrire percorsi più leggeri di ben-essere, senza perdere di vista l'obiettivo del mio lavoro.
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